Read in
English
La serie di dipinti presentata dall'artista italiana Elena Ascari apre una nuova fase della sua ricerca visiva. Le precedenti tele di Ascari ritraevano il mondo riflettente delle scale mobili dei centri commerciali attraverso una tecnica realistica.
The series of paintings presented by Italian artist Elena Ascari starts a new phase in her visual research. Ascari’s previous canvases portrayed the reflecting world of the malls’ escalators through a photorealist technique. The shiny world of glasses and mirrors was turned into a no-less-kitschy surface of gummy paint.
Il mondo scintillante di vetri e specchi è stato trasformato in una superficie di vernice gommosa e kitsch. L'effetto era di una complessa frammentazione visiva: ripetizioni, riflessi e distorsioni delle stesse figure risultavano in una moltiplicazione ottica che poteva essere letta come una sequenza aperta, una storia decostruita. Con Cells, Ascari fa un passo avanti. Focalizzate sulla pelle rifrangente degli oggetti di design, queste nuove riflessioni distruggono ogni continuità percettiva.
Un'esperienza ordinaria data dalla divulgazione e addomesticamento dell'architettura decostruttivista si traduce in un tropo: le vedute ravvicinate diventano visioni oniriche miniaturizzate. Nel caleidoscopio risultante, gli esseri umani così come qualsiasi altra cosa riconoscibile sono apparizioni fugaci e isolate. La storia non esiste più, le connessioni sono perse. L'estetica delle piccolissime superfici riflettenti diventa, con Cells, una metafora dell'isolamento connettivo dell'era degli iPhone.
Raffaele Bedarida
The effect was one of complex visual fragmentation: repetitions, reflections, and distortions of the same figures resulted in an optical multiplication that could be read as an open sequence, a deconstructed story. With Cells, Ascari does a step further. Focused on the refracting skin of design objects, these new reflections destroy any perceptive continuity.
An ordinary experience given by the popularization and domestication of Deconstructivist architecture is translated into a trope: close-up views become miniaturized oneiric visions. In the resulting kaleidoscope, humans as well as any other recognizable thing are fugacious and isolated apparitions. The story no longer exists, connections are lost. The aesthetic of very small reflective surfaces become, with Cells, a metaphor for the connective isolation of the i-phone era.
Raffaele Bedarida